Il giardino perduto

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E’ una parola. Non un nome come presumevo. Con la manica del maglione pulisco con cautela la pietra. Una mano salda ci ha inciso sopra una parola. Una parola seppellita e ritrovata, come sempre deve essere questa parola, perché è così che funziona dentro di noi, perché così la leggiamo.
Desiderio.

Inghilterra 1941, Gwen Davis decide di lasciare Londra e il suo lavoro alla Royal Horticultural Society per recarsi a Mosel, nel Devon ed entrare a far parte del Land Army, un corpo paramilitare che si occupa di coltivare la terra e trasformare, nel suo caso, un giardino in un orto per approvvigionamenti di guerra. Con lei sette  agricoltrici volontarie e acconto a loro, nella villa padronale, alloggia momentaneamente un reggimento di soldati canadesi. Saranno i balli, l’ amicizia con il capitano Raley e la forza di Jane, i libri condivisi con le altre ragazze a trasformare Gwen, a renderla capace di osare inseguendo un grande desiderio: riportare alla vita un giardino segreto trovato per caso durante una passeggiata. E sono i tempi della fioritura del giardino della Perdita e del giardino del Desiderio a dare un senso al tempo. Uno sguardo poetico che non risparmia nulla, che contrappone la guerra all’ armonia, il frastuono delle bombe al silenzio del giardino, i dolori al desiderio. Ricco di citazioni ed evocativo, un libro sulla vita e sull’ amore, sul dolore, sulle peonie e le rose e sui libri.

Tutti pensano che i giardini continuino a crescere, che in inverno dormano e in primavera si risveglino. Ma è piuttosto un costante morire e risorgere. Si perdono. Si cercano. Ogni storia parla di morte. Ma forse, se siamo fortunati, la nostra storia di morte è anche una storia d’ amore.
E questo è quel che ricordavo dell’ amore.

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