Il matrimonio di piacere

il matrimonio di piacereGli venne voglia di urlarlo in piazza Achabine, ma ci ripensò. per paura della reazione della gente. Amir era una persona rispettata. Era perfino il simbolo dell’ordine e del rispetto del dogma. Se avesse urlato di essere innamorato, la gente avrebbe detto che aveva perso la ragione.

Amir  è un ricco commerciante di Fés sposato con Lalla Fatma. Amir contrae il matrimonio di piacere con Nabou, una giovane di colore, durante ogni suo viaggio a Dakar e un giorno decide di portarla con sè a Fès. Nell’Islam, a un uomo in viaggio per lunghi periodi è permesso di contrarre un matrimonio di durata definita, per evitare la tentazione di frequentare prostitute.  Si chiama matrimonio di piacere. L’amore di Amir nulla può contro il razzismo,l’odio e l’invidia di Lalla Fatma nei confronti della seconda moglie Nabou e la nascita di due gemelli, uno bianco e uno di colore sancisce definiotivamente l’odio di Lalla Fatma verso Nabou. Nel Marocco degli anni settanta del novecento il razzismo verso le persone di colore è estremamente radicato nella popolazione, complice il caos politico e l’esilio del re in Madagascar. Le difficoltà costringono Amir a trasferirsi a Tangeri, ma il razzismo li segue e questa volta è nei confronti di Houcine, il figlio di colore di Nabou e Amir, e di Salim figlio di Houcine. Con un salto temporale che porta la narrazione ai giorni nostri,l’autore sposta il tema dal matrimonio di piacere all’integrazione e all’emigrazione clandestina. A causa di un equivoco Salim ripercorre a ritroso la strada percorsa anni prima dalla nonna Nabou e dal nonno Amir. Un viaggio di ricerca e scoperta, di domende e risposte che porta Salim dentro la storia della famiglia e degli antenati di Nabou e dei milioni di schiavi partiti dall’isola di Gorée. Un romanzo che attraverso il racconto di un narratore di storie, intreccia la Storia con storie degli uomine e delle donne che si muovono oltre le convenzioni e i dogmi. Il finale è la cronaca che leggiamo sui quotidiani e l’immagine che rimane è quella viste nelle fotografie di colore che cercano un approdo in Europa: unica differenza è la storia dietro i volti.

Siamo dei ” senza “: senza identità, senza nome, senza cognome, senza denaro, senza legami, senza famiglia, senza memoria, almeno ufficialmente. In arabo questo si dice bidoun. Sembra che migliaia di uomini e di donne che hanno perso i propri paesi e la propria terra, errino come noi, alla ricerca di un lavoro qualsiasi, senza avere niente con sè, senza nazionalità, senza memoria.

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