Istanbul

IstanbulQuesto lembo d’acqua che gira dentro la città non può essere messo a confronto con i canali di Amsterdam o Venezia, né con i fiumi che dividono in due Parigi o Roma: il Bosforo ha correnti marine, è ventilato, agitato, profondo e buio. Se avete la corrente dietro di voi, se vi fate trascinare lateralmente come un granchio, verso i battelli, Istanbul vi passa piano piano davanti, e allora potete vedere le signore anziane che bevono il tè sui balconi e guardano verso di voi, gli edifici, le case in legno sul mare, il molo lì vicino e il caffè con il pergolato… Girare nel Bosforo con battelli, motoscafi e barche, come facevo io quand’ero bambino, dà la soddisfazione di spiare Istanbul da vicino, casa per casa, quartiere per quartiere, sia da lontano, come una silhouette che cambia continuamente.

Istanbul. Città cosmopolita e provinciale, affascinante e misteriosa, pittoresca e mercantile, religiosa e superstiziosa, malinconica e triste in bilico tra passato e presente e tra oriente e occidente. Una città che Orhan Pamuk racconta quartiere per quartiere, strada per strada, vicolo per vicolo attraverso le età della propria vita: dall’infanzia a Palazzo Pamuk agli anni della scuola elementare, dagli anni al Robert College alla vita laica e borghese della grande famiglia, dagli anni all’università di architettura alla passione per la pittura e attraverso le estati spensierate e gli inverni malinconici di un giovane alla scoperta della vita e di una città decadente. Pamuk ci racconta l’entusiasmo di una nevicata e la sorpresa per un’incendio sul Bosforo. Ci narra dei suoi vagabondaggi senza meta d delle improvvise scoperte di un nuovo angolo della città. Attraverso le pagine l’essenza di Istanbul come le yali in legno sbriciolate dal tempo e dall’incuria, dei minareti che determinano le coordinate degli itinerari storici e turistici, dei labirinti di strade e di salite che offrono inediti panorami del Bosforo. “Cercando di raccontare me stesso racconto Istanbul e raccontando Istanbul racconto me stesso.” Con maestria l’autore riesce ad intrecciare le vie e le atmosfere di Istanbul con la propria voce interna. Istanbul come specchio di una identità complessa e sensibile. Un’affascinate affresco di una città unica, raccontato con amore, lirismo e passione.

A Cinhangir, dove avremmo traslocato anche noi, ho imparato che a Istanbul esiste una vita di quartiere, e che la città non è un luogo anonimo, un marasma di case dove le persone vivono vite separate, ignare di coloro che muoiono e si divertono: è invece un arcipelago di quartieri dove tutti si conoscono, da vicino e da lontano.

 

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