Tutta la luce che non vediamo

Doerr tutta la luce che non vediamoSegui un percorso logico. Per ogni effetto c’è una causa, per ogni frangente una soluzione. A ogni serratura la sua chiave. Puoi tornare a Parigi, puoi rimanere qui, puoi proseguire.

Parigi 1934, Marie-Laure è una ragazzina cieca che trascorre le giornate al Museo di storia Naturale insieme al padre. Germania, nel complesso minerario dello Zollverein, Werner vive con la sorella Jutta nella Casa dei Bambini. Marie Laure legge in braille il Giro del Mondo in 80 giorni, I tre Moschettieri di Dumas e Ventimila leghe sotto i mari. Werner  si imbatte casualmente nei pezzi di una radio e con pazienza inizia a ricostruirla e arriva a sentire una voce che in francese racconta di avventure lontane. Un incontro fortuito porta Werner a frequentare un’ istituto di educazione nazionalsocialista, dove si distingue per le capacità tecniche legate alla radiofonia. Con continui flashback la narrazione alterna il 1930 al 1940 e al 1944. Marie Laure giunge con il padre a Saint Malo dallo zio Etienne. Werner viene mandato al fronte. Struggente la galleria dei personaggi che accompagnano Marie-Laure come il pittoresco zio Etienne  e Madame Manec temeraria partigiana dalla cucina del numero 4 di rue Vauborel di Saint Malo, mentre Werner si affeziona al sognatore Frederick, rimpiange le torte e le storie in francese di Frau Elena e si stupisce del cinico realismo della sorella Jutta. Con una prosa asciutta e limpida, l’ autore riesce a trasmetterci il buio della cecità di Marie Laure e l’ orrore della guerra che vede Wener. Oscurità e luce, la vita e la morte, l’ assurdo di una guerra e l’ innocenza di chi deve combatterla a 16 anni insieme al coraggio di che cerca di sopravvivere. Emozionante e a tratti dolorosamente commovente. Un meritato premio Pulitzer. Impeccabile la traduzione e ottima la decisione di non modificare la copertina della versione originale.

all the light we cannot seeIl silenzio è frutto dell’ occupazione; si impiglia tra i rami, essuda gli scoli. Madame Guiboux, la mamma del calzolaio se n’è andata. Come anche la vecchia Madame Blanchard. Quante finestre buie: è come se la città si fosse rasformata in una biblioteca di testi in lingue sconosciute, come se le case fossero grandi scaffali di libri illeggibili, con le lampade tutte spente.

 

 

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